Sotto accusa. Un reale fatto di cronaca raccontato magistralmente attraverso una pellicola indimenticabile.
Un’ attraente giovane donna esce da uno squallido locale di periferia. Uno di quei locali frequentati da camionisti, bifolchi e zotici. La ragazza è sconvolta, ha gli abiti stracciati, e corre a perdifiato gridando disperatamente. Un uomo a bordo di un camion, che (probabilmente) era diretto proprio in quel indigente bar, si ferma, fa salire la povera ragazza e la porta via.
Nel mentre, nel parcheggio, in una cabina telefonica, uno studentello del college, con il volto pulito e i capelli biondi ben pettinati, chiama il 911 confessando di aver appena assistito ad uno stupro. Così inizia uno dei film più conturbanti, espliciti e, soprattutto, violenti della storia del cinema.
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Invero, distribuito nel 1988 e diretto da Jonathan Kaplan, “Sotto accusa” sconvolse non soltanto il pubblico, ma anche la critica. Tanto che prima di uscire nelle sale cinematografiche, il regista decise di organizzare ben due proiezioni di prova, che riscossero pareri molto contrastanti.
Oltre a trattare un argomento tanto delicato e attuale come la violenza sessuale, “Sotto accusa” dedicò, forse per la prima volta nella storia del cinema, un’intera e prolungata scena all’abuso sessuale subito dalla povera protagonista.
Difatti, durante la lunga sequenza all’interno del bar, Kaplan decide di mostrarci sia i comportamenti percepiti come provocatori da parte della ragazza, sia le intenzioni e l’atroce crimine commesso dai tre frequentatori del locale.
Una decisione piuttosto rischiosa che ha scaturito reazioni molto diverse. Ad una prima proiezione di prova infatti, a cui presero parte alcuni critici, non fu apprezzato affatto l’atteggiamento della protagonista. Qualcuno arrivò addirittura ad affermare che, com’era descritta la storia, “il personaggio meritasse la violenza subita”.
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Fortunatamente ben diversa fu l’opinione delle venti donne, la maggior parte vittime di aggressioni molto simili a quella rappresentata nel film, che, al contrario, apprezzarono molto la pellicola di Kaplan.
Magistralmente interpretato, e tratto da un agghiacciante fatto di cronaca avvenuto nel Massachusets nel 1983 ad una giovane dal nome di Cheryl Araujo, la trama di “Sotto accusa” ruota principalmente attorno a due figure femminili tanto diverse quanto simili tra loro. La prima è Sarah Tobias, ossia Jodie Foster nel ruolo che le valse il suo primo Premio Oscar.
Vittima inconsapevole del suo aspetto sensuale e di un comportamento forse eccessivamente procace, ma non certo da giustificare l’agghiacciante violenza subita, in un posto malfamato e frequentato da uomini con il testosterone alle stelle e un quoziente intellettivo pari a quello di una gallina, Sarah vedrà il suo mondo crollare. Sconvolto in una sola tragica sera.
Impaurita e turbata, Sarah Tobias troverà il coraggio di reagire. E svilupperà un forte desiderio di vendetta verso i tre aggressori che si sono approfittati di lei con la forza. Coraggio, rabbia e grinta che infonderà anche a Kathryn Murphy (Kelly McGillis), procuratore distrettuale più interessata a risolvere il caso e a concludere la pratica più in fretta possibile, rispettando così il volere dei suoi capi, anche a costo di accettare un irragionevole patteggiamento.
Dall’unione e dalla determinazione di queste due donne nascerà una delle trame più crude e profonde non solo degli anni ’80, ma della storia del cinema.
Una trama che non si limita a denunciare un atto tanto ignobile come la violenza sessuale, ma pone sul banco degli imputati anche l’indifferenza e la superficialità dell’intera razza umana. E non solo quella maschile.
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Secondo Kaplan infatti i colpevoli di un tale indicibile crimine, oltre ai tre aggressori, sono i clienti del bar. Giocatori di flipper professionisti e alcolizzati patentati, che, oltre a ostentare indifferenza e fingere che niente stia succedendo, istigano la violenza ai danni di una ragazza tanto fragile quanto ingenua.
Per tale motivo “Sotto accusa” riesce a sconvolgere la psiche dello spettatore. La pellicola mette in mostra tutta l’afflizione di una donna che ha vissuto il più tremendo degli orrori. E, pone in primo piano il perché la storia è così tanto forte da figurare e denunciare uno tra i più indicibili atti di violenza, purtroppo, ancora molto attuali. Con una critica alla società tale da sottoporre all’attenzione ogni pensiero. Dalla difesa all’accusa. Perché una violenza non può essere legittimata.
In una pellicola tanto profonda quanto cruda, spicca l’interpretazione di Jodie Foster. La futura Clarice Starling è semplicemente perfetta nel ruolo che avrebbe dovuto essere di Kelly McGillis, che rifiutò la parte perché in passato vittima, come Sarah Tobias, di un’aggressione sessuale.
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Jodie Foster riesce a trasmettere tutta la profonda sofferenza del suo personaggio. Una donna distrutta sia nell’animo che nel fisico. Ma che, riesce a trovare la forza di reagire e trasformare il dolore in rabbia. E la rabbia in vendetta.
E pensare che, una volta finite le riprese, Jodie Foster era talmente insoddisfatta della sua performance da prendere la folle decisione di lasciare la recitazione. Fortunatamente la vittoria del suo primo Premio Oscar le fece cambiare idea.